Concorso scuola: selezioniamo i prof del futuro

Se qualcuno volesse avere un’idea di come sarà la scuola che il Governo ha iniziato in questi mesi a plasmare, può farsela grazie alle modalità previste per la preselezione all’imminente “concorsone”.

Come molti già sanno, la prova consiste nel rispondere in 50 minuti a 50 domande relative a capacità logiche, comprensione del testo, informatica e lingua straniera. Chiunque può mettersi alla prova tramite un’apposita applicazione pubblicata sul sito del Ministero. Tramite questo “esercitatore” gli aspiranti docenti, ma anche tutti i comuni cittadini, possono partecipare ad una vera e propria sessione di esame, rispondendo alle stesse domande (in tutto sono 3500) che verranno poi proposte alla preselezione.

Il primo interrogativo che si affaccia alla mente, di fronte di questo stato di cose, è: che senso ha proporre agli aspiranti docenti una prova così frenetica? Se molte domande risultano banali al limite dell’idiozia, molte altre richiedono una riflessione particolarmente attenta, che una tempistica così ristretta rende pressoché impossibile. Il secondo è: che senso ha rendere noti in anticipo i contenuti dell’esame? Per dare ai candidati un’idea del tipo di test che dovranno affrontare potevano bastare un paio di esami di prova simili (ma non identici) a quelli veri. I candidati invece hanno la possibilità di visionare tutte le domande che verranno proposte all’esame, ma solo a patto di rimanere davanti al PC, connessi al sito del ministero, otto ore al giorno per dieci giorni circa.

Per rispondere bisogna innanzitutto ricordare che il Ministro avrebbe desiderato offrire con questo nuovo concorso un’opportunità ai giovani, ma è stato costretto da un’entità maligna (la legge) a limitare l’accesso alle prove solo a chi si è laureato entro il 2002, e pertanto la maggior parte degli iscritti si colloca attorno ai 35 anni o più. Però — deve aver pensato il nostro — l’importante è essere giovani dentro.

Proviamo a chiederci chi avrà la possibilità di arrivare davvero preparato alla prova preselettiva. In prima posizione si collocano quei laureati che dopo aver conseguito il titolo hanno sostenuto un paio di colloqui di lavoro, sono stati rifiutati (o forse sono stati un tantino choosy) e allora, amareggiati e deloosy, hanno abbandonato ogni velleità lavorativa, hanno infilato le pantofole e si sono accomodati sul divano a guardare la TV o giocare con i videogiochi, facendosi mantenere da mamma e papà. Poi alla notizia del nuovo concorso hanno colto la palla al balzo, si sono iscritti e ora potranno dedicare il loro abbondantissimo tempo libero a ripetere fino alla nausea le tremilacinquecento domande dell’esercitatore, in modo da poterle poi affrontare ad occhi chiusi e superare la preselezione a colpo sicuro.

Questo è il primo modello di professore che il Ministro vuole selezionare e proporre per formare le generazioni a venire: il bamboccione.

Vi sono naturalmente altre tipologie di docente che emergeranno da questa prova. In seconda posizione troviamo un cospicuo numero di aspiranti docenti dotati di una memoria infallibile, grazie alla quale hanno ottenuto una brillante laurea ripetendo pappagallescamente ad ammirati professori interminabili collezioni di tomi. Pur non avendo a disposizione  tutte le ore libere dei sopracitati bamboccioni (questa seconda tipologia potrebbe anche essere già dedita ad un lavoro e/o tenere famiglia), tali aspiranti potranno nei prossimi giorni trovare facilmente sul web tutte le domande corredate di risposta esatta, e impararle a memoria senza neanche bisogno di perdere tempo con l’esercitatore.

Gli insegnanti del passato erano soliti ripetere pedantemente ai loro studenti un precetto ormai superato: “Non studiate tutto a memoria, la cosa importante è capire quello che si legge!”. Ora invece entreranno nelle aule delle scuole italiane docenti che dall’alto della loro esperienza insegneranno: “Non sforzatevi di capire, studiate a memoria. Imparate da me: è così che ho trovato lavoro”.

Quasi inutile a questo punto aggiungere quali figure saranno invece immediatamente scartate dalla preselezione. Facciamo solo qualche esempio tratto dalla vasta gamma di precari storici attualmente in servizio, che verranno inesorabilmente scavalcati dai vincitori del concorso.

C’è ad esempio il prof di latino e greco che potrebbe competere in una gara di oratoria con Cicerone, che però non conoscendo con precisione la differenza tra although e despite cadrà sui quesiti di inglese.

C’è il prof di storia che sa raccontare la caduta di Costantinopoli o la guerra dei cent’anni come se ci fosse stato, che però non saprà completare una sequenza numerica come 12, 17, 36, 34, 108, 68, 324.

C’è il prof di matematica che risolve a mente equazioni differenziali di secondo grado, ma essendo un po’ astigmatico non riesce a contare le lettere della seguente domanda (codice originario 4586) relativa alle capacità logiche:

Forse questo concorso non migliorerà la qualità dell’insegnamento nelle scuole italiane. Però qualcosa di buono se ne potrebbe comunque trarre. Si dovrebbe somministrare il test preselettivo ai membri del Governo (inclusi ministri, viceministri, sottosegretari e compagnia). E chi non risulta in grado di comprendere un testo, di esercitare capacità logiche, di utilizzare strumenti informatici e di padroneggiare una lingua straniera venga subito cacciato a calci in culo, magari restituendo anche lo stipendio.

Lettera di un precario al ministro Profumo

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Riceviamo da un lettore e volentieri pubblichiamo.

Egregio signor Ministro,
che le venga un accidente. Ma uno di quelli brutti.

Conoscerà certamente la nostra storia, comunque le offriamo la possibilità di un rapido ripasso, non si sa mai. Tutto è cominciato quando noi, che aspiravamo a guadagnarci da vivere contribuendo nel nostro piccolo alla crescita del Paese, abbiamo bussato alla porta del suo Ministero per entrare a far parte del corpo docenti di una scuola italiana. Quel giorno i suoi predecessori non ci hanno neppure degnati di uno sguardo, ma attraverso il battente sprangato ci hanno sgarbatamente risposto: “La vostra laurea ci fa un baffo, per insegnare non basta aver studiato per anni e neanche aver preso dei bei voti. L’insegnamento è un’altra cosa. Ora dovete specializzarvi, ecco pronte per voi le SSIS – le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario.”

Così ci siamo iscritti, sborsando di tasca nostra migliaia di euro, abbiamo frequentato per due (o più) anni le lezioni, abbiamo espletato ore e ore di tirocinio (anche chi, pur non essendo abilitato, già aveva anni di esperienza di insegnamento), abbiamo preparato relazioni, studiato dispense (e per poter fare tutte queste cose inevitabilmente abbiamo dovuto trascurare le nostre famiglie), abbiamo pure ascoltato fior di professoroni universitari che magnificavano le SSIS, perché non è serio mandare in aula qualcuno che abbia il solo merito di aver vinto un concorso, ci vuole una preparazione specifica. E pazienza se per la maggior parte quelle lezioni erano totalmente insulse, pazienza se gli esami erano in gran parte delle farse. Per farci aprire la porta non c’era altro modo che quello, e dovevamo adattarci.

Bene, finita la SSIS, con in mano una o più abilitazioni, ci siamo inseriti in graduatoria. Ad alcuni è andata bene, ad altri no: c’era già troppa gente davanti. E allora si ricomincia da capo, ancora altre specializzazioni, ancora altre abilitazioni, e poi ancora corsi “a distanza”, costosi quanto le SSIS, demenziali peggio delle SSIS, ma per qualche punto in più in graduatoria eravamo disposti anche a questo. A quel punto la situazione un po’ è migliorata: dieci mesi di lavoro precario all’anno, quando andava bene, altrimenti supplenze temporanee di poche settimane qua e là per la provincia.

Poi però arrivano i tagli: ed ecco che la luce in fondo al tunnel si allontana. Posti per insegnare non ce ne sono più, salvo che per i primissimi in graduatoria, che comunque sono incazzati neri per il protrarsi indefinito del loro precariato. Molti di noi allora dicono: “Va bene. Ci avete presi per il culo, ci avete spillato un sacco di soldi, ci avete fatti rincoglionire per anni e anni in corsi senza capo né coda, ci avete usati come tappabuchi quando vi tornava comodo, ora di lavoro qui non ce n’è più. Vorrà dire che ce ne cercheremo un altro. Però i soldi e soprattutto gli anni di vita che abbiamo speso inutilmente nelle SSIS chi mai ce li potrà restituire?”. Altri invece, stoici e forse un po’ squilibrati, insistono con l’insegnamento, sperando forse che prima o poi il vento cambi.

E infatti le cose cambiano, c’è un colpo di scena: arriva il ministro tecnico. Sì, sto parlando di lei, egregio, sveglia! E che cosa dice il nuovo ministro? Che i docenti precari sono ormai da troppi anni nel limbo delle graduatorie, e che quindi vanno assunti? No, troppo facile. Il ministro dice che docenti sono lì da troppi anni e quindi vanno svecchiati! Dice che ci vogliono insegnanti giovani. E soprattutto che bisogna ritornare a fare i concorsi! Ma porco mondo, non ci avevano fatto una testa così dicendo che per insegnare non basta un concorso, che ci vuole una preparazione apposita, un corso specifico, una specializzazione? E ancora, non ci avevano appena detto che di posto per insegnare non ce n’era più? Dove diavolo li mettiamo questi giovani?

Poi naturalmente si scopre che questa mossa è solo propaganda. Di posti non ce ne sono, o comunque ce ne sono pochissimi. Quelli che ci sono però non andranno ai giovani, che al nuovo concorso non possono partecipare, ma ai vecchi, a quelli che sono invecchiati nelle graduatorie. Solo che ora si rimescola tutto, adottando finalmente un criterio meritocratico. Era ora. Ma di che tipo di merito stiamo parlando?

Non è il merito di aver sopportato anni di SSIS, aver insegnato per anni, ogni volta assunti e poi licenziati, in classi sempre diverse in scuole sempre diverse materie sempre diverse con programmi sempre diversi, sempre pronti a correre da un momento all’altro da una parte all’altra della provincia, e aver sopportato le paturnie sempre diverse di colleghi, bidelli e dirigenti scolastici sempre diversi.

No, adesso il merito si misura a partire dal test preselettivo: chi non ha capacità logiche, chi non comprende un testo scritto, non capisce nulla di informatica e non mastica una lingua straniera resta fuori. Dovremo quindi dimostrare la nostra capacità di leggere, interpretare e rispondere a domande relative a semplici frasi come ad esempio “non è impossibile che non esista una persona che non abbia negato di aver trovato il modo di ottenere una raccomandazione” (*).

Dopo tutto il mazzo che ci siamo fatti, il nostro futuro dipenderà da cazzate come questa. Egregio signor ministro, se ancora non le è venuto un accidente, per cortesia, vada almeno a cagare.

Un precario della scuola italiana


(*) Fonte: Alpha Test.