Se tu non paghi le tasse

Chi l’avrebbe mai detto che mandando al governo un miliardario privo di scrupoli (curiosamente le due cose vanno spesso insieme) le tasse sarebbero state abbassate per i meno abbienti e alzate per i ricchi? Forse qualcuno l’aveva previsto. Ma certamente nessuno poteva immaginare che l’evasione fiscale sarebbe stata così efficacemente contrastata. Questa foto scattata il mese scorso alla Stazione Centrale di Milano mostra la campagna di sensibilizzazione dell’Agenzia delle Entrate (marchiata con il logotipo della Presidenza del Consiglio) in tutta la sua soggiogante potenza.

Se tu non paghi le tasse, gli altri le pagano per te

Le marionette e il bavaglio

È giusto porre limiti alla libertà di espressione? È giusto impedire a qualcuno di esporre e diffondere con i mezzi che preferisce ciò che più gli aggrada? È giusto punire qualcuno per ciò che ha detto o scritto?

La risposta non può che essere un secco: dipende.

Il nostro codice penale prevede reati come l’ingiuria e la diffamazione, e limita quindi gli aspetti deteriori della libertà di espressione individuale. Al di fuori di queste casistiche, rimane comunque un ampio margine di discussione. Potrebbe sembrare ragionevole adottare un atteggiamento equanime, tale per cui se si pretende per se stessi un certo grado di libertà, la si debba garantire parimenti anche agli altri. Se sceglieremo questo criterio, ascolteremo indulgenti coloro che dicono, per esempio, che Silvio Berlusconi è il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni, o che Giorgio Napolitano è il miglior Presidente della Repubblica dal Pleistocene ad oggi. Saremo disposti anche a discutere con chi ci venga a dire che il sole gira attorno alla terra o che c’è qualcosa che si muove più velocemente della luce. Ove possibile intavoleremo una discussione per esaminare e valutare gli elementi che costoro porteranno per avallare la loro pretesa; altrove, avvalendoci del diritto di libera espressione da noi stessi sancito, risponderemo con una sonora pernacchia.

Questo criterio può sembrare apprezzabile per la sua immediatezza e semplicità, ma purtroppo il mondo reale è più vario e complesso di quanto a volte si potrebbe desiderare. Una incondizionata libertà di espressione, in realtà, è un lusso che non possiamo permetterci. È necessario porre una limitazione. Non una limitazione blanda e generica, ma severa e circostanziata. Mentre la libertà di espressione deve essere garantita e anzi incoraggiata per chi formula idee proprie, a prescindere dal loro orientamento, così non deve avvenire per chi espone idee altrui, soprattutto se ciò avviene dietro compenso. Quest’ultima situazione, descritta nei più accreditati testi specialistici come “prostituzione intellettuale”, rappresenta infatti un serio pericolo per la società. Vi sono in circolazione (potete trovarne i volti in TV, se non avete ancora gettato via il televisore, e i nomi in calce ad articoli di giornale) alcuni individui che sembrano umani, ma in realtà sono marionette. Individui che aprono la bocca o estraggono la penna a comando, ed espongono in forma personale contenuti che il loro padrone dall’alto comunica attraverso fili spesso (ma non sempre) invisibili, ma il cui effetto è evidentissimo.

Le parole, avevo scritto in precedenza, sono armi potenti. Un fuoco incrociato e coordinato che da più parti si scatena su un unico obiettivo può provocare danni inestimabili. Per questo si può rendere necessario invocare a gran voce un bavaglio, da applicare rigorosamente a tutti i prostituti intellettuali. Ma visto che proprio in questi giorni così tante persone stanno manifestando agguerrita contrarietà ad ogni forma di censura, potremmo magnanimamente orientarci verso un’alternativa più aperta e generosa. Anziché chiudere loro la bocca, potremmo limitarci ad imporre in apertura di ogni loro esternazione pubblica la seguente avvertenza: “Attenzione, sono un/una prostituto/a intellettuale. Copulo dietro compenso. Si prega di prendere le dovute precauzioni”.

Bue punto zero

Si sono presentati forse nella storia tempi e luoghi in cui poteva dirsi onorevole o persino nobile il mostrarsi neutrali, distaccati, equidistanti. Qui e ora certamente no. Questo è oltre ogni ragionevole dubbio un momento in cui è doveroso per ciascuno esprimere senza esitazione tutta la propria faziosità, esternare senza troppi giri di parole le proprie convinzioni, puntare con decisione il dito senza lasciarsi trattenere dal vago timore di offendere qualcuno.

A volte per iniziare ci si può limitare ad un gesto, non necessariamente solo simbolico. Se ad esempio scorgiamo nella televisione uno strumento utile a rimbambire e anestetizzare la gente, può essere già un passo avanti eliminarla, gettando lo sgargiante elettrodomestico in pasto alla più vicina discarica autorizzata. Viceversa, nel momento in cui si intravede il rischio che una forma di espressione dalle potenzialità rivoluzionarie venga tarpata da chi ha interesse a mantenere con ogni mezzo lo status quo, una tra le risposte possibili può essere aggiungere la propria voce a quelle già innumerevoli che la sostengono. E allora entrano in gioco le parole, che sono una delle armi più potenti di cui disponiamo.

Non mi dilungherò qui a parlare del Web 2.0 e del ruolo che ha avuto nella storia recente di alcuni importanti paesi dell’area mediterranea. Né mi soffermerò sulla correlazione esistente, a livello mondiale, tra il rispetto dei diritti umani e l’attività di censura operata sulla rete, o sui dettagli della legge cosiddetta “bavaglio” che nei prossimi giorni potrebbe essere approvata dal parlamento della Repubblica italiana. Per il momento mi limito ad auspicare che l’inversione di tendenza sia già avvenuta, che il giro di boa sia alle spalle, che il fondo sia già stato toccato, che il punto zero della scala dell’ignominia in cui un popolo bue pasciuto a suon di spot pubblicitari ci ha scaraventati stia per entrare a far parte dei ricordi del passato.

Se le cose stessero effettivamente in questo modo, probabilmente non ci sarebbe un bisogno così impellente di spendere tempo a scriverne.

Partendo quindi dall’assunto più che probabile che il mio auspicio debba essere smentito, do inizio ad una serie di interventi il cui obiettivo minimo è riuscire ad illudermi di aver fatto qualcosa di costruttivo, mentre per quanto riguarda il massimo non pongo limiti di sorta. Ho intenzione infatti di sfidare qualunque tipo di bavaglio con iniziative clamorose e dirompenti. Quindi rimanete sintonizzati.