Quiminale

Quando Berlusconi è stato proclamato ufficialmente candidato al ruolo di Presidente della Repubblica, come prima cosa mi sono visto balenare davanti la pletora di articoli che, una decina d’anni fa, avevo incentrato sulla sua abietta figura.

Uno dei primi flash è stato il seguente passo: “Berlusconi ha più vite di un Terminator, e quando sembra spacciato è capace di ricominciare a strisciare aggrappandosi con i denti alle gambe delle sedie”. Certamente quando lo scrivevo avevo ben chiaro il suo significato, ma sinceramente non avrei immaginato di ritrovarmi a riesumarlo più di due lustri dopo la sua pubblicazione.

D’altra parte uno degli ultimi articoli in cui nominavo il lestofante ne preannunciava distopicamente la risurrezione, e il suo agghiacciante vangelo, che risale all’anno precedente, termina tristemente con il popolo che prega invano di essere liberato dall’incomoda presenza.

Mi sembra inutile ora l’articolo in cui mi soffermavo dettagliatamente sui suoi crimini quasi quanto quello in cui cercavo, per l’ennesima volta, di dissuadere un suo elettore dal votarlo. E mi sembra attuale invece quello in cui paventavo la possibilità di finire in galera per vilipendio al Capo dello Stato, nel caso in cui lo Stato scegliesse come vile capo il poco onesto statista di cui sopra.

Ma ora basta guardare al passato: rivolgiamoci al futuro, e poniamoci una semplice domanda: avremo un criminale al Quirinale?

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Bufala 2.0

Preciso subito, a scanso di equivoci, che non ho nulla contro le bufale intese come femmine del bufalo, per le quali nutro anzi profonda stima e casto affetto.

Detto questo, per accostarmi all’argomento dell’articolo rammenterò ai miei lettori che per chi vive in ambiente rurale è normale considerare lo sterco non come un rifiuto, ma come una risorsa preziosa, e quindi non mi vanterò più di tanto dell’idea che ho partorito e che ora illustrerò senza altri indugi.

Primo spunto: le bufale, intese come fandonie, che con sempre maggiore intensità intasano le vie di comunicazione digitali e creano scompiglio nella già fragile coscienza politica della popolazione.

Secondo spunto: la basilare aspirazione del MoVimento 5 Stelle alla democrazia diretta, ribadita ancora in questi giorni da un suo noto esponente, che mira a rendere obsoleta la nomina di cittadini deputati a rappresentare l’elettorato in apposita assemblea e a mettere tutte le decisioni in mano a quella fragile e sempre più annebbiata coscienza politica di cui sopra.
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Il giuramento di Napolitano

Giuro –e se mento
questa man nel fuoco bruci–
giuro a questo Parlamento:
si farà il Governo degli inciuci.

Pure giuro salvar Silvio dai processi,
ma l’età il vigor, si sa, disperde.
Se onorare la promessa non potessi,
sappiate ancor che siete delle merde.

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Il piano B

Va bene, dal punto di vista istituzionale dare l’incarico a Bersani era la cosa più giusta da fare. E poi, non si sa mai: potrebbe anche succedere che un numero sufficiente di senatori 5 stelle si decida davvero a fare ciò che Grillo e Berlusconi temono di più, ovvero mandare a quel paese il capo supremo e sostenere l’ipotesi di governo che Bersani andrà presumibilmente a presentare tra qualche giorno.

Ma sperare nei miracoli non è, di per sé, una strategia politica che si possa considerare vincente. Avevamo già proposto un piano A, che obiettivamente era un po’ troppo ardito per essere preso realisticamente in considerazione. Ma c’è ancora un piano B, di gran lunga più praticabile, tant’è vero che è stato presentato ufficialmente al Capo dello Stato durante le consultazioni. Purtroppo Napolitano ha preferito un’altra strada, e a questo punto rimane la speranza che la mossa vincente venga compiuta dal suo successore se, come probabile, Bersani fallirà la missione. Peccato però aver perso tutto questo tempo. In questo frangente la cosa giusta da fare era, una volta tanto, dare ascolto a Grillo: conferire l’incarico al MoVimento 5 Stelle.
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L’allegra lombrìccola

Si può affermare con una certa sicurezza che è più utile un lombrico di Schifani. Schifani non è un verme. Il verme ha una sua dignità di anellide che Schifani neppure si sogna. Solo se a Schifani fosse dato dello Schifani dovrebbe essere considerata ingiuria grave, lesiva della sua reputazione. Ma verme no, è un complimento, un accostamento del tutto improprio. Viva il verme. Abbasso Schifani.

(Fonte: Beppegrillo.it)

Una dozzina di senatori 5 stelle nel ballottaggio per l’elezione della seconda carica dello Stato, carica che si colloca appena un gradino sotto al Presidente della Repubblica, del quale fa le veci in caso di indisposizione, ha scelto di non seguire la linea votata a maggioranza dal gruppo e sostenere Grasso contro Schifani.

Si tratta di una scelta comprensibile e condivisibile. Provate ad immedesimarvi in qualcuno che si trovi nella prospettiva di vedersi di fronte, per tutta la durata della legislatura, un essere che paragonato ad un lombrico risulta viscido e ripugnante. A maggior ragione non possiamo biasimare quelli che, dominando la propria volontà e il proprio istinto, hanno dimostrato il coraggio e l’abnegazione necessari per seguire la linea stabilita dal gruppo nonostante fossero di diverso avviso. Il vero problema è quella maggioranza di trentotto senatori che nella riunione preliminare volta a decidere tale linea ha votato per l’astensione, pur sapendo che alcuni colleghi non avrebbero mai potuto seguire quell’indicazione. Questi trentotto hanno mostrato di non capire che il ballottaggio serve proprio per dare la possibilità a chi nelle votazioni precedenti ha perso il proprio favorito di indicare il meno peggio tra i contendenti rimasti, e non per dichiarare un’adesione incondizionata ad un particolare candidato o al suo entourage.

Vi è qualcuno tra i grillini che ritiene Grasso, per storia personale e levatura morale, paragonabile anch’egli ad una qualche sorta di verme? Benissimo: viva il verme, abbasso Schifani. Il quale comunque –faccio umilmente notare– aveva già occupato con la sua verminosa presenza il centro dell’emiciclo per quasi cinque anni, e quindi, in base ad uno dei princìpi fondamentali del MoVimento, andava comunque alla prima occasione schiodato dalla sua poltrona.

Purtroppo dopo questo episodio le speranze espresse qualche tempo fa di trovare nei parlamentari eletti con il MoVimento 5 Stelle un livello di intelligenza un poco superiore a quello del loro capo politico si sono molto ridotte, e andando avanti di questo passo c’è il rischio che i loro nomi siano tra i primi ad entrare nella nuova serie di Pudenda che sicuramente prima o poi saremo costretti a pubblicare.

Ancora un po’ di ottimismo

Questa sera decade ufficialmente la sedicesima legislatura della Repubblica italiana.

Negli ultimi anni abbiamo assistito al triste connubio tra il parlamento più corrotto, il premier più ignobile e il capo dello Stato più ignavo della storia repubblicana.

Da domani si apre la possibilità di un cambiamento. La domanda a questo punto è: riusciremo a fare peggio?

L’uovo, oggi

L'uovo oggi, la gallina domani

Smaltita l’euforia per la sconfitta di Berlusconi, sotto di più di un milione e mezzo di voti rispetto al PD al Senato e di un milione e trecentocinquantamila e passa rispetto a Grillo alla Camera, adesso è il momento di affrontare la realtà. Ci sono alcune questioni serie che meritano attenzione.

La prima pertiene all’àmbito della fisiologia clinica ed in realtà non è che una conferma di un fatto già risaputo, e cioè che gli effetti della lobotomia sono irreversibili.

La seconda invece è di ordine politico, e riguarda le scelte che farà prossimamente il drappello dei parlamentari eletti con il MoVimento 5 stelle. Grillo afferma di voler ostacolare quel “governissimo” a cui PD e PdL saranno costretti a ricorrere se il MoVimento non appoggerà nessun’altra ipotesi di governo. Ma forse almeno in questo caso Grillo si comporta come tutti i comuni politici: dice una cosa e ne pensa un’altra.

Il dilemma davanti al quale si trova è molto semplice: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Meglio un risultato limitato, ma quasi certo e immediato, o uno più a lungo termine, più ambizioso ma più aleatorio?

L’uovo sarebbe Berlusconi. Cooperando con il PD Grillo ha la possibilità concreta di mettere in piedi una legge sul conflitto di interessi, ripenalizzare quello che era stato depenalizzato, espungere dal Parlamento i condannati e così via. Questo potrebbe significare l’eliminazione di Berlusconi dalla scena politica –e forse anche da quella sociale– del Paese.

La gallina è il fine ultimo per cui ha fondato il MoVimento: sfasciare il sistema dalle fondamenta. E la gallina può sperare di ottenerla solo se lascia che il Governissimo si faccia, limitandosi a dire che non gli piace e che non partecipa. Questo significa che Berlusconi entra nel Governo, che influenza l’elezione dei presidenti delle Camere e della Repubblica, che asservisce ogni scelta dell’esecutivo ai suoi squallidi interessi. Così quando si tornerà alle urne il MoVimento otterrà presumibilmente il doppio dei consensi, e spaccherà tutto. O invece (e qui sta l’elemento aleatorio) gli elettori si romperanno le balle anche di Grillo e non andranno proprio a votare, lasciando i destini del Paese nelle mani dei lobotomizzati.

Sarà che siamo pavidi e poco inclini al rischio, ma a noi al momento attuale pare preferibile la prima scelta, che tra l’altro ha questo vantaggio: una volta eliminato Berlusconi non ci sarà bisogno di rimpiazzarlo, mentre una volta demolito il sistema bisognerà sostituirlo con qualcos’altro.

Su quale opzione cadrà la decisione finale? Difficile dirlo. Possiamo però osservare che una delle cose che più stanno a cuore a Grillo è preservare la sua creatura dall’accostamento a qualunque altro partito politico, perché la differenza tra l’uno e gli altri deve essere sempre ben chiara e netta,  e proprio questo potrebbe trattenerlo dal garantire la fiducia ad un governo che includa politici di professione. Da questo punto di vista, però, ci sentiamo di tranquillizzarlo. Per distinguersi dal PdL ci vuole davvero poco: rischi non ce ne sono. E distinguersi dal PD è quasi altrettanto facile, basterà fare una cosa intelligente.


Leggi la seconda parte: La gallina, domani

La legge del più porco

Porcellum

Leggi anche:

Il vangelo di Silvio
Il naufragio

Quei cialtroni dei nostri parlamentari non sono riusciti a varare una nuova legge elettorale nonostante tutti da molto tempo sostenessero che quella attualmente in vigore è una porcata, e questa volta persino il sempre mite e accomodante Napolitano si è incazzato di brutto (non per la legge in sé, ovvio, ma per la plateale dimostrazione di inettitudine esibita al mondo intero). Il motivo di questo fallimento in realtà è semplice: ciascuno aveva paura di assestarsi il proverbiale colpo di zappa sui piedi deliberando una legge elettorale che alla fine avrebbe potuto danneggiarlo, come era effettivamente accaduto nel non lontano 2005 quando la maggioranza di centrodestra aveva imposto l’attuale vituperato sistema ed era poi uscita dalle urne sconfitta, anche se per un soffio, l’anno successivo.

Per adesso quindi ci terremo il Porcellum, ma prima o poi la legislatura che a breve scaturirà dalle sue viscere dovrà riprendere a discutere di una nuova legge elettorale. Si spera che il livello medio dell’aula sarà migliore di quello odierno, ma non è detto.

Vogliamo trovare una soluzione semplice che non porti via troppo tempo in estenuanti discussioni, contrattazioni, tarature di parametri numerici e cavilli vari? Bene, diamo un’occhiata alla storia dei sistemi elettorali italiani. Dal 1947 fino al 1993 abbiamo nominato i nostri rappresentanti con un semplice criterio proporzionale, e il Paese è andato avanti tra alti e bassi, ma è andato avanti. Nel 1993 il sistema elettorale è stato sostituito con uno drasticamente più complesso, prevalentemente maggioritario, e da quel momento il Paese si è trasformato nel set di un film dell’orrore particolarmente crudo e perverso. Sarà una coincidenza, ma il buon senso suggerisce un urgente ritorno al passato.
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Pudenda #12

  1. Gioacchino Alfano
  2. Rocco Crimi
  3. Mauro Cutrufo
  4. Raffaele Fantetti
  5. Gabriella Giammanco
  6. Domenico Gramazio
  7. Cosimo Latronico
  8. Melania De Nichilo Rizzoli
  9. Jole Santelli
  10. Gabriele Toccafondi

Incredibile a dirsi, al motto di “squadra che delinque non si cambia” ben centosettanta tra gli onorevoli che hanno sostenuto il Governo Berlusconi prima e il Governo Monti poi sono di nuovo candidati nelle liste del Pdl.

Un buon numero di questi (quasi una cinquantina) erano già stati inclusi nelle Pudenda di Bue Punto zero, e pertanto non li esporremo ulteriormente al pubblico ludibrio, concentrandoci invece su quelli che ancora mancano all’appello. Tra questi ne spiccano alcuni che, oltre che per indubbi meriti personali, sono stati candidati anche perché dotati di un cognome particolarmente suggestivo, che trasmette all’elettore un irresistibile messaggio subliminale. Alcuni (Crimi, Latronico) richiamano alla mente un contesto semantico connotato da un forte disprezzo per la legalità, altri (Giammanco) ricordano invece gli alti tassi di assenteismo di alcuni parlamentari. Ultimo nella lista odierna, perla tra le perle, un cognome dal significato talmente limpido da non richiedere ulteriori commenti.

Pudenda #11 – Feccia Edition

  1. Silvio Berlusconi
  2. Fabrizio Cicchitto
  3. Marcello Dell’Utri
  4. Maurizio Gasparri
  5. Niccolò Ghedini
  6. Piero Longo
  7. Maurizio Paniz
  8. Claudio Scajola
  9. Renato Schifani
  10. Denis Verdini

Esattamente un anno fa veniva pubblicata la quinta puntata delle Pudenda, la ricercatissima Vip Edition. In occasione della lugubre ricorrenza, Bue punto zero vi offre oggi la sua evoluzione più estrema, la più ripugnante che si possa concepire.

Tra naturale capacità di delinquere, corruzione, mafia, eversione e servilismo, in questa lista ci sono almeno 500 anni di galera, oltre ad una dose innominabile di vergogna.

Incluso nel pacchetto offriamo anche il manifesto dei manigoldi in Parlamento, declamato da uno degli avvocati che alacremente li difendono dai velenosi artigli della giustizia. Solo per stomaci forti.