Celsius 451 (seconda parte)

Perché il problema del riscaldamento globale è più grave di quello che pensi

(Nella prima parte trovi alcuni concetti di carattere generale utili alla comprensione di quello che segue. Puoi leggerli anche in un secondo momento.)

Dopo aver parlato in generale di energia e di bilancio energetico e dopo aver discusso tutte le altre principali fonti energetiche, arriviamo finalmente ai combustibili fossili. L’origine di questa fonte è ancora una volta il Sole: si tratta dell’energia solare assorbita negli ultimi milioni di anni dalla vegetazione preistorica, che poi è rimasta sepolta sottoterra e ha dato origine a giacimenti di carbone, petrolio e gas naturale.

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L’intollerabile leggerezza dell’intolleranza

Un argomento trattato sporadicamente su queste pagine e che, per la sua intrinseca levità, è il caso di riprendere in questo spensierato periodo di vacanza, è la geopolitica globale.

Tra le lapalissiane tesi sostenute negli articoli precedenti abbiamo ad esempio:

È utile a proposito di quest’ultimo punto osservare che il tasso di crescita della popolazione tende ad essere esponenziale, mentre la disponibilità di molte risorse essenziali è in diminuzione. Per questo non dovrebbe sorprendere che parlando di problemi globali non abbia finora citato esplicitamente i cambiamenti climatici, che da anni sono sotto i riflettori e di cui sempre più persone stanno facendo esperienza diretta. Proprio questi fattori comportano il rischio di convincersi che tali cambiamenti siano il principale se non l’unico problema globale, con il catastrofico risultato di perdere di vista gli altri, e in particolare quelli relativi al punto 3. Il clima rappresenta certamente un tassello importante nel quadro complessivo, ma è un problema che non può essere affrontato senza la consapevolezza di tutti gli altri.

Per illustrare questo concetto mi servirò di un esempio, che non pretende di essere in sé particolarmente realistico, ma solo di suggerire un possibile approccio.

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La dilapidazione dei pani e dei pesci

Un paio di anni fa ai lettori di Bue punto zero è stata proposta l’affermazione secondo cui il problema più grande che gli abitanti del pianeta Terra hanno di fronte è lo squilibrio nell’accesso alle risorse essenziali per il sostentamento. Questa ardita proposizione era stata debolmente sostenuta con un riferimento alle esternazioni del World Economic Forum, la cui opinione in generale immagino non interessi a nessuno. Mi aspetto invece che, nel caso medio, la reazione all’affermazione proposta sia: può essere, ma –ammesso che ce ne siano– i problemi riguardano solo quelli che stanno dalla parte sbagliata dello squilibrio, quindi chissenefrega.

Qualcuno un po’ più illuminato potrebbe paventare tumulti, rivolte, conflitti, atti terroristici, migrazioni di massa, che a lungo andare estenderebbero il loro impatto anche su chi si trova dalla “parte giusta”. Questa eventualità per quanto realistica non rende giustizia alla complessità e alla gravità della situazione, e per questo vorrei ora argomentare l’affermazione iniziale affrontandola non genericamente da un punto di vista etico o sociale, ma da un punto di vista molto più specifico: quello ecologico.
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La loro Africa

Forse nel futuro ci sarà una qualche storia
africana, ma al presente non ve n’è alcuna:
esiste solo la storia degli europei in Africa.

Hugh Trevor-Roper

Adesso basta, è veramente troppo. La misura è colma. Rimane una sola soluzione possibile: chiudiamo le frontiere. Niente e nessuno deve più passare. E non voglio sentire parole buoniste: nessuno si azzardi a dire “restiamo umani” o altre vuote frasi ad effetto del genere. Guai anche a chi propone: “aiutiamoli a casa loro”. No: che si arrangino!

Forse qualche lettore di Bue punto zero potrebbe a questo punto ritrovarsi in uno stato di incipiente perplessità. Ma come: dopo che hai cercato di convincerci che i confini non hanno più ragione di esistere, dopo che hai brutalizzato e sbeffeggiato alcune delle principali tesi salviniane, ci proponi affermazioni di questo stampo? Sarà forse che la figuraccia rimediata recentemente ti ha dato alla testa? Insomma, ti sei bevuto il cervello? O vuoi prenderci in giro?

Be’, capisco queste rimostranze, ma in realtà c’è una spiegazione più semplice. Il fatto è che ci può essere una certa distanza tra la teoria e la pratica. Per quanto riguarda la teoria, confermo tutto quello che ho già scritto. Quando si pone però il problema di mettere in pratica idee così astratte, può darsi che ci si ritrovi a scendere a compromessi. Può darsi che il percorso per arrivare all’obiettivo sia tortuoso. In alcuni casi l’azione da intraprendere può essere paradossale. Come quasi tutti i bovini, anche Bue punto zero è fedele al Tao, e quindi gli pare naturale che per innalzare qualcosa, prima la si debba abbassare; che per raddrizzare si debba piegare; che per riempire si debba svuotare; che per unire si debba dividere.
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Oltre il confine

Nel 1865 Jules Verne, che può essere considerato uno dei fondatori della moderna fantascienza, pubblicava un romanzo intitolato “Dalla Terra alla Luna”, nel quale è descritto con un certo realismo un abitacolo a forma di proiettile sparato nello spazio, con a bordo un equipaggio umano.

Nel 1961 Jurij Gagarin, giovane talento dell’aviazione sovietica, veniva scagliato al di sopra dell’atmosfera nella navicella Vostok 1, diventando il primo cosmonauta della storia e trasformando in realtà ciò che per poco meno di cento anni era stato solo fantascienza.

Mentre si trovava in orbita, e per la prima volta occhi umani osservavano la Terra da una simile prospettiva, si narra che abbia detto: “La Terra è blu. Che meraviglia, è incredibile!”. E che abbia poi aggiunto: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.”

Qualche volta le rivelazioni più sorprendenti sono allo stesso tempo le più ovvie. Questa storica frase in effetti, sotto un certo punto di vista, è proprio di un’ovvietà sconcertante. Che la Terra sia in gran parte coperta di oceani era un fatto già noto da tempo. Tutti inoltre sanno che in molti casi i confini tra gli stati sono convenzionali linee immaginarie, non visibili né da vicino né da lontano. Da un altro punto di vista, poi, l’affermazione è imprecisa, perché al contrario alcuni confini sono demarcati da evidenti discontinuità naturali come mari e catene montuose, ben visibili anche dallo spazio. Ciò nonostante questa frase suggerisce una verità fondamentale, che si stava consolidando non solo sotto gli occhi di Gagarin, ma anche di tutti i suoi contemporanei.
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