Look: dawn

L’argomento di questo articolo è il lockdown programmato come soluzione permanente alla crisi sanitaria in atto. Permettetemi però una breve premessa.

Forse avrete già capito che sono contrario all’abuso di anglicismi, da cui la lingua italiana è ogni giorno più contaminata. Ciò non significa ovviamente che io disprezzi la lingua inglese o la sua letteratura, tutt’altro. Giusto poco tempo fa l’intervento del virus, a cui ho dato spazio su queste pagine, con i suoi richiami alle estinzioni di massa mi ha fatto ripensare ad un suggestivo sonetto di Shelley: Ozymandias. Se non lo conoscete, potete trovarlo qui (una traduzione è disponibile in fondo all’articolo nella sezione dei commenti). L’argomento è il crollo di un antico, potente impero e del suo superbo sovrano; al viandante attonito non resta ora da ammirare altro che qualche frammento di un’enorme statua in mezzo al deserto. Sul piedistallo, se non ricordo male, si possono ancora leggere le parole: “Andrà tutto bene”.

Tornando agli anglicismi, devo ammettere che a volte anch’io mi arrendo. Quando uno di essi entra nell’uso quotidiano, a meno che non sia proprio orripilante, può essere che anch’io finisca per utilizzarlo. Ad esempio la parola “lockdown” è passabile: ha un che di cupo e opprimente che le permette di trasmettere in modo particolarmente efficace il proprio significato. Per questo ora parlerò finalmente di lockdown.
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La nuova nascita

L’autore di questa breve memoria, scritta inizialmente per essere diffusa solo nell’ambito di una ristretta cerchia di conoscenti, a seguito delle mie ripetute e insistenti richieste ne ha consentito la pubblicazione a condizione che non fosse possibile risalire alla sua identità o a quella degli altri protagonisti della narrazione. Per questo motivo sono stati soppressi o sostituiti tutti i nomi di luoghi o persone che ne avrebbero potuto permettere l’identificazione.


     Oggi sono in pochi a ricordare il nome di Saverio T., ma ci fu un tempo in cui quasi tutti nel nostro paese, che pure non è poi così piccolo, lo conoscevano bene. Ancora non molti anni fa il suo caso veniva citato da persone che non avevano mai incontrato Saverio di persona (negli ultimi tempi aveva adottato uno stile di vita piuttosto riservato e trascorreva spesso le sue giornate senza uscire di casa), ma che erano state molto colpite dai racconti che circolavano circa le ultime ore della sua vita terrena. Tali racconti si differenziavano tra di loro, è vero, per diversi dettagli: secondo alcuni ad esempio era stato proprio Saverio a far chiamare don Luigi B., all’epoca parroco nella nostra comunità; secondo altri invece l’iniziativa era stata di un suo conoscente, e Saverio si era inaspettatamente trovato il sacerdote al capezzale. Tutti concordavano tuttavia sul fatto centrale della vicenda: Saverio T., assiduo frequentatore in gioventù di ambienti anarchici, ateo dichiarato e soprattutto convinto anticlericale, sul letto di morte fece esplicita richiesta di ricevere i Sacramenti.
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