L’imbranato

Credo di avere qualche problema con il mio subconscio, forse mi servirà uno psicanalista di quelli bravi. Io che sono un tipo così pacifico, che non ho mai usato altra arma che la parola, che non ho mai fatto ricorso ad altra forza che quella della ragione, fare un sogno del genere! Sto passeggiando tranquillo ai margini di un grande parco quando un’automobile accosta vicino a me. Vedo che a bordo ci sono diverse persone; mi fanno un cenno. Mentre percorriamo sperdute strade di campagna ho un barlume di lucidità e mi rendo conto che nel mondo reale non sarei mai salito su un’auto piena di sconosciuti con una simile facilità. Sono tutti molto cortesi, ma a volte ho l’impressione che quando volgo lo sguardo fuori dal finestrino si lancino tra loro occhiate complici e si trattengano a stento dal ridacchiare.

Ci fermiamo davanti a quello che sembra un capannone abbandonato. Mi accompagnano all’interno, dove si trovano tante altre persone, dei tavoli, delle sedie, odore di frittelle. Come prima: tutti gentili, ma un po’ troppo divertiti. Colgo qualche parola biascicata: “pasticcione”… “imbranato”…

Mi si avvicina quello che sembra essere l’organizzatore dell’evento. Mi fa un lungo discorso, che sul momento mi sembra di capire, ma che in realtà probabilmente era un po’ sconclusionato. In base a quello che mi dice, comunque, inizio a convincermi che sia in atto una specie di cospirazione; intuisco che mi considerano una persona in qualche modo importante e che sono stato scelto, in virtù delle mie qualità, per portare a termine un compito delicato. Non ricordo quasi nulla di quel discorso, ma ho ancora in mente una frase che mi aveva un po’ inquietato; era qualcosa come: “dopotutto una morte rapida e indolore è ciò che ciascuno auspica prima di tutto per sé stesso e per i propri cari”.

A questo punto vedo che accanto a noi c’è un uomo imbavagliato legato ad una sedia. Forse l’avevo già notato prima, ma poi me n’ero dimenticato mentre mi concentravo per seguire il filo del discorso. Non riesco a vederlo bene in volto, ma in qualche modo so che è un’autorità pubblica di un certo rilievo; in momenti diversi del sogno potrebbe essere stata una diversa persona. Chissà, forse Trump, o Tupìn, o Netanyahu… forse ad un certo punto Salvini. Poi vedo che tutti si allontanano un po’, sempre con l’aria di chi trattiene a stento una risatina. Mi accorgo con sgomento che qualcuno mi ha messo in mano una pistola. Provo istantaneamente un sentimento di terrore, inizio a tremare e balbetto: “Ehi, ma cosa… ma siete matti, riprendetevela subito! Ma io non ho mai… non so neanche co..”

BANG!

“Ops… ehm… scusate, ma io ve lo stavo dicendo che…”

Il capo si avvicina e delicatamente mi prende la pistola. Il suo contegno, come quello di tutti gli altri, ora improvvisamente è grave e solenne. Mi stringe lungamente la mano, poi si allontana mentre tutti gli altri silenziosamente avanzano verso di me; tutti, ad uno ad uno, sempre con la stessa espressione sul volto, stendono la loro mano verso la mia e la stringono con inusitato calore. Mi fanno poi risalire in macchina e mi depositano a due o trecento metri dalla via in cui abito. Rimango un po’ fermo a pensare, poi lentamente mi incammino verso casa. In lontananza sento delle sirene; mi irrigidisco. Accelero il passo, ma le sirene sono sempre più vicine e ormai mi lacerano le orecchie. Allungo la mano e spengo la sveglia. Tutto bene. Mi rigiro nel letto una volta o due, poi mi alzo e, sorprendentemente, do inizio ad una delle giornate migliori degli ultimi anni.







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