Plagio funebre

Dal punto di vista strettamente giuridico potrà forse non essere facile da dimostrare, ma personalmente sono convinto che si tratti di uno dei casi di plagio più clamorosi degli ultimi anni.

Il testo originale è la vivida descrizione dello yankee che Luigi Illica e Giuseppe Giacosa incastonarono nel libretto della Madama Butterfly:

Dovunque al mondo
lo Yankee vagabondo
si gode e traffica
sprezzando i rischi.

   Affonda l’ancora
   alla ventura,
   finché una raffica
   scompigli nave, ormeggi, alberatura.

La vita ei non appaga
se non fa suo tesor
i fiori d’ogni plaga,
d’ogni bella gli amor.

   Vinto si tuffa,
   la sorte racciuffa.
   Il suo talento
   fa in ogni dove.

Per chi non conoscesse la trama, quello che ho riportato è l’autoritratto di Franklin Benjamin Pinkerton, tenente della Marina degli Stati Uniti di stanza a Nagasaki, il quale “per gioco” sposa la quindicenne Cio-Cio-San, lasciandole credere che si tratti di vero amore. Dopo aver abbandonato la fanciulla, Pinkerton torna in patria dove si sposa “con vere nozze”, mentre Cio-Cio-San nella sua sconfinata fiducia e devozione continua ad attendere il suo ritorno. Non vi anticipo il resto della storia, ma basta sapere che il sottotitolo dell’opera è “Tragedia giapponese” per farsi un’idea abbastanza precisa di come va a finire.

Il corpo del reato, invece, è il testo di un’omelia pronunciata qualche giorno fa dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini.

Per individuare il plagio basta confrontare con il testo originale alcuni passi pronunciati dal monsignore, che coincidono profondamente nel significato e talvolta persino nelle scelte lessicali:

Resiste e non si lascia abbattere dalle sconfitte… continua a sfidare… si arrischia in imprese spericolate… ha momenti di successo e momenti di insuccesso… gode il bello della vita… è contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini… cerca l’amore… una passione tempestosa e precaria… una fedeltà compromessa… intende la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti…

Quello che si può intuire è che qualcuno abbia suggerito al presule: “Qui c’è un defunto importante, per favore cerca di dire qualcosa di buono su di lui”. Preso alla sprovvista, il nostro ha consultato la sua biblioteca, ha fatto qualche ricerca su Internet e non ha trovato niente di meglio dell’autoritratto yankee. Il problema è che era troppo corto, e comunque lasciarlo in versi era problematico (per non parlare del fatto che probabilmente le note scritte da Puccini non sarebbe riuscito a cantarle). Quindi ha cercato un po’ maldestramente di camuffare il testo, con i risultati che tutti abbiamo ora sotto gli occhi.

L’eloquio di Pinkerton riportato sopra è rivolto al console Sharpless, il quale acutamente così commenta:

È un facile vangelo
che fa la vita vaga
ma che intristisce il cor.

Questa parte, che era chiaramente la più pertinente e la più importante del testo originale, purtroppo il monsignore l’ha omessa. Appare piuttosto evidente il tentativo di uscirne pulito, di trovare un giusto mezzo tra diverse esigenze contrastanti.

Visto che come avrete capito mi piace risalire alle fonti (e comunque a questo punto non voglio essere accusato anch’io di plagio), concluderò quindi non con una mia considerazione generica, ma con una precisa citazione, tratta non dal facile vangelo, ma da quello difficile:

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché pulite l’esterno della coppa e del piatto, mentre l’interno è pieno di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco! Pulisci prima l’interno della coppa e del piatto, affinché anche l’esterno sia pulito. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché rassomigliate a sepolcri imbiancati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putredine. Così anche voi di fuori apparite giusti davanti agli uomini; ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità. (Mt 23, 25-28)

Amen.

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3 commenti

  1. Per rendere giustizia a B.F. Pinkerton: di sicuro non è uno stinco di santo, e, come lo ammonisce il console Sharpless, il suo è “un facile vangelo, che fa la vita vaga, ma che intristisce il cuore”. Però non risulta che sia diventato miliardario aggirando astutamente qualche norma qua e là, né che abbia intrallazzato con la malavita, né che abbia evaso le tasse o, peggio, che si sia candidato alla presidenza degli Stati Uniti e, una volta eletto, abbia fatto approvare leggi per fare sì che i suoi reati non fossero più reati, o che fossero anticipatamente prescritti. Povero Pinkerton, effettivamente si è comportato malissimo, ma almeno – a quanto risulta – lo ha fatto a danno di una sola persona….

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  2. P.S. Sottoscrivo tutto il resto. Secondo me monsignore è chiaramente un appassionato d’opera. E’ possibile che la citazione non sia proprio volontaria, ma solo un lapsus freudiano, un’inconscia ispirazione, dettata dalle evidenti analogie.

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    • In effetti la mia tesi è che il plagio sia universalmente conclamato, non che sia pienamente giustificato. Sebbene non sia proprio campata in aria, la scelta di paragonare il defunto allo yankee pucciniano mostra una certa timidezza nell’affrontare il tema, ed è per questo che considero complessivamente ipocrita l’intervento del monsignore. Se avesse chiesto a me, gli avrei fornito materiale in grande quantità, tutto fresco e originale dal mio blog. La mia scelta primaria sarebbe ovviamente caduta sul ripugnante vangelo di Silvio.

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