La legge del più porco

Porcellum

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Quei cialtroni dei nostri parlamentari non sono riusciti a varare una nuova legge elettorale nonostante tutti da molto tempo sostenessero che quella attualmente in vigore è una porcata, e questa volta persino il sempre mite e accomodante Napolitano si è incazzato di brutto (non per la legge in sé, ovvio, ma per la plateale dimostrazione di inettitudine esibita al mondo intero). Il motivo di questo fallimento in realtà è semplice: ciascuno aveva paura di assestarsi il proverbiale colpo di zappa sui piedi deliberando una legge elettorale che alla fine avrebbe potuto danneggiarlo, come era effettivamente accaduto nel non lontano 2005 quando la maggioranza di centrodestra aveva imposto l’attuale vituperato sistema ed era poi uscita dalle urne sconfitta, anche se per un soffio, l’anno successivo.

Per adesso quindi ci terremo il Porcellum, ma prima o poi la legislatura che a breve scaturirà dalle sue viscere dovrà riprendere a discutere di una nuova legge elettorale. Si spera che il livello medio dell’aula sarà migliore di quello odierno, ma non è detto.

Vogliamo trovare una soluzione semplice che non porti via troppo tempo in estenuanti discussioni, contrattazioni, tarature di parametri numerici e cavilli vari? Bene, diamo un’occhiata alla storia dei sistemi elettorali italiani. Dal 1947 fino al 1993 abbiamo nominato i nostri rappresentanti con un semplice criterio proporzionale, e il Paese è andato avanti tra alti e bassi, ma è andato avanti. Nel 1993 il sistema elettorale è stato sostituito con uno drasticamente più complesso, prevalentemente maggioritario, e da quel momento il Paese si è trasformato nel set di un film dell’orrore particolarmente crudo e perverso. Sarà una coincidenza, ma il buon senso suggerisce un urgente ritorno al passato.

Quindi che si fa? Ecco: un bel sistema proporzionale con preferenze, senza premi, senza sbarramenti, senza parametri da contrattare o da aggiustare in corsa durante estenuanti maratone parlamentari. Ci sono, per fare un esempio semplificato, 50 milioni di elettori e 500 seggi alla Camera? Se almeno 100.000 elettori votano per un certo partito, quel partito avrà un seggio, assegnato al candidato che avrà raccolto il maggior numero di preferenze. Se sono più di 200.000, due seggi ai primi due candidati, e così via.

Non è detto che sia il sistema elettorale migliore, ma probabilmente il migliore che una legislatura eletta in questo periodo storico possa produrre. Si formerà con questo metodo un Parlamento poco governabile, senza una maggioranza netta, che richiederà magari negoziazioni e compromessi? Qualcosa di simile è già accaduto proprio con la legge attuale (al suo esordio il Porcellum ha partorito un quasi-pareggio in Senato) e facilmente accadrà anche quest’anno. Se l’alternativa è la dittatura del primo demagogo di successo che raggranella un singolo voto in più degli altri e diventa padrone del Paese grazie ad un ingente premio di maggioranza, teniamoci pure le negoziazioni e i compromessi. Ma per il resto avremmo parecchi vantaggi.

Innanzitutto il sistema proporzionale garantisce un elevato livello di rappresentatività dell’assemblea, che rispecchia in modo fedele gli orientamenti politici del Paese e include solo persone esplicitamente scelte dagli elettori, cosa che al momento, come è noto, non avviene.

Per quanto riguarda il tema degli sbarramenti, poi, ci sono diverse considerazioni da fare. Se la Costituzione prevede un numero particolarmente elevato di parlamentari (945 più i senatori a vita) non è evidentemente per far mangiare tante persone alle spalle dei cittadini, ma per garantire un’elevata granularità nella loro rappresentanza politica. Se solo i tre o quattro schieramenti che superano un certo sbarramento dovessero essere rappresentati in Parlamento, allora ci si potrebbe limitare a qualche decina di seggi. Il cospicuo numero di parlamentari previsti dell’ordinamento italiano invece non solo permette, ma anche impone –pena uno sperpero ingiustificato di denaro pubblico– una rappresentatività altrettanto granulare, in cui anche le minoranze al di sopra della soglia minima (le 100.000 unità dell’esempio precedente) hanno la garanzia di una rappresentanza.

Non è tutto. L’imposizione di una soglia di sbarramento è anche incompatibile con la pubblicazione di sondaggi sulle intenzioni di voto. Il sondaggio infatti può influenzare enormemente i potenziali elettori di quei partiti che si trovano, secondo le stime, in prossimità della soglia o sotto di essa, falsando gravemente i risultati della consultazione. Se pensiamo che i dati forniti dai sondaggisti possono essere assai imprecisi o, peggio, manipolati, è chiaro che la loro diffusione andrebbero vietata non a partire da due settimane, come avviene oggi, ma da almeno due mesi prima del voto. O in alternativa si dovrebbe eliminare ogni forma di sbarramento.

Non sono solo rose e fiori, naturalmente. L’assenza di sbarramenti ha come conseguenza anche la possibilità che in Parlamento finiscano alcuni rappresentanti di liste improbabili e fantasiose create per attirare elettori distratti o poco responsabili, liste come “Non pago le tasse”, “Forza Gnocca”, “Mafioso è bello”. Ma finché il numero degli eletti in queste file rimane limitato a poche unità la cosa non è poi così grave, soprattutto se si considera che queste stesse liste, sotto falso nome, hanno avuto la maggioranza assoluta del Parlamento e hanno governato il Paese per una buona parte degli ultimi vent’anni.

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