In principio era il finanziamento pubblico ai partiti, che di per sé non è una cosa malvagia poiché avrebbe avuto il compito di evitare ai partiti la seccatura di rubare per finanziarsi. Ma siamo in Italia e quindi ad un certo punto si è scoperto che i partiti rubavano lo stesso, sia per l’attività politica sia per scopi personali; così sull’onda dello scandalo un referendum ha stabilito l’abolizione di questi finanziamenti. Sono stati allora introdotti i rimborsi elettorali, tramite i quali le casse dei partiti sono state nuovamente irrorate di fondi pubblici talmente superiori alle spese sostenute che i partiti stessi non sapevano più che cosa farsene; c’è chi ha approfittato dell’occasione per ricominciare a rubare, e si è fatto di nuovo prendere con le mani nella marmellata.
E ora siamo da capo, con una larga parte dei cittadini che chiede che anche questi rimborsi vengano soppressi. La richiesta è legittima in primo luogo in considerazione del risultato del referendum del 1993, che gli attuali rimborsi hanno aggirato surrettiziamente; in secondo luogo in considerazione della tipica indole del farabutto italico che, così come è capace di fondare un giornale senza altro scopo che arricchirsi con i finanziamenti pubblici concessi all’editoria, potrebbe anche decidere di fondare un partito politico solo per ottenere i relativi rimborsi.
Naturalmente l’eventuale soppressione di questi finanziamenti pubblici deve essere accompagnata da regole ferree circa il finanziamento privato e lo svolgimento delle campagne elettorali, poiché il supremo principio democratico su cui si fonda la Repubblica impone di garantire che i partiti dei ricchi non abbiano più visibilità di quelli dei poveri.
Ecco quindi una serie di proposte, non necessariamente originali, che possono essere adottate singolarmente o anche, con qualche eventuale adattamento, tutte insieme.
- Il finanziamento privato è limitato ad una cifra massima annuale, dell’ordine di poche centinaia di euro, per ogni soggetto fiscale (persona fisica o azienda), che può detrarla interamente dalla dichiarazione dei redditi. Per evitare che vengano utilizzati fondi illeciti, ogni euro che i partiti spendono per qualunque tipo di attività deve essere rendicontato in maniera trasparente, e anno per anno la spesa totale non può superare la somma accumulata tramite i finanziamenti regolarmente dichiarati. In questo modo un partito non può trarre un vantaggio sostanziale da un numero limitato di simpatizzanti molto ricchi.
- Nel momento in cui inizia una campagna elettorale, lo Stato garantisce in maniera totalmente gratuita ad ogni partito o lista che soddisfa i requisiti per la partecipazione una serie di servizi e risorse come: stampa di manifesti e volantini, spazi televisivi e radiofonici, palchi e altre attrezzature per comizi, eccetera.
- Per ogni euro che un partito spende in campagna elettorale, un altro euro deve essere versato ad una cassa comune che giorno per giorno è suddivisa in parti uguali tra tutti i soggetti che partecipano alle elezioni. In questo modo la campagna elettorale dei partiti più ricchi va in parte a finanziare la campagna elettorale degli altri. Eventuali rimanenze vanno alla Stato.
- Qualunque violazione anche minima delle regole comporta l’esclusione dalla competizione elettorale e, se accertata dopo la chiusura delle urne, la decadenza di eventuali cariche già assegnate.
- Le stesse sanzioni si applicano a quei partiti che in campagna elettorale manifestamente mancano di rispetto alle istituzioni della Repubblica (un esempio a caso: la Magistratura) o che sostengono posizioni incompatibili con i principi fondamentali della Costituzione (un esempio a caso: l’unità nazionale).
marinabo43
/ 14 marzo 2013Caro Bue, come cercava di dire Cicerone (per consolarsi) anche la tarda età ha i suoi vantaggi (non credeteci, gente….). Comunque, la mia età mi consente di ricordare gli anni a cavallo fra i Quaranta e i Cinquanta, quando l’allora PCI si finanziava principalmente con il seguente metodo: i parlamenteri versavano lo stipendio al partito, il quale provvedeva ad assegnare a ciascuno una cifra ragionevole (francamente non so se in linea con la regola fissata da Lenin che diceva “stipendio da operaio”), oltre, naturalmente, a quanto necessario a coprire le spese strettamente legate all’espletamento della loro carica. Caro Bue, ci pensi che fuggi-fuggi si scatenerebbe se oggi il PD proponesse ai suoi parlamentari lo stesso metodo di finanziamento?
Bue punto zero
/ 14 marzo 2013Sarebbe un fuggi fuggi assai salutare. Provare per credere.
anna
/ 14 marzo 2013Regole auree, che, proprio per questo non verranno prese in considerazione in questo paese di magnaccia !
Bue punto zero
/ 14 marzo 2013Non è detto. Grillo, pur con tutti i suoi difetti, ha dimostrato che su certi temi è possibile quantomeno sensibilizzare l’opinione pubblica, che a sua volta può entro certi limiti condizionare le scelte dei politici (vedi l’esclusione di Cosentino e Dell’Utri dalle liste).