Volete forse uccidere, giudici e carnefici, prima che la vittima abbia fatto cenno col capo? Ecco, il pallido delinquente ha fatto il cenno: gli parla negli occhi un grande disprezzo.
«Il mio Io è qualcosa che deve essere superato: il mio Io è il grande disprezzo dell’uomo». Questo dice il suo sguardo.
Il suo momento supremo fu quello nel quale egli giudicò se stesso: non lasciate che il sublime ricada nella bassezza!
Non v’è altra redenzione, per chi soffre tanto a causa del proprio ego, che una rapida morte.
Ma il vostro uccidere, o giudici, dev’essere compassione e non vendetta. «Nemico» dovete dire, non «scellerato». «Malato» dovete dire, non «furfante»; «folle» dovete dire, non «peccatore».
E tu, rosso giudice, se volessi dire ad alta voce tutto ciò che hai già pensato dentro di te, tutti griderebbero: «via questa immondizia e questo veleno!».
Ma altra cosa è il pensiero, altra cosa l’azione, ed altra l’immagine dell’azione. La ruota della causalità non gira tra di esse.
Così parlò Zarathustra.
(Da Also Sprach Zarathustra di F. Nietzche)