Un panorama inquietante (seconda parte)

Qui trovi la prima parte dell’articolo.

La ciliegina sulla torta

Dopo aver gustato l’editoriale del direttore voltiamo pagina e ci si presenta allo sguardo l’ingombrante sagoma di Giuliano Ferrara, il quale mi dicono faccia schifo ai maiali, ma non so se sia vero. Nel suo articolo dimostra la capacità di occupare un enorme spazio senza illuminarlo con la minima idea degna di nota.

Anche Ferrara apparentemente è immune dal senso del pudore, perché in mezzo alla pagina campeggia un affettuoso “Caro Silvio” ad introdurre in tono confidenziale il suggerimento giusto per volgere a favore del Premier una situazione politica sempre più compromessa: bisogna cambiare. Galleggiano nel vuoto pneumatico di una pagina zeppa di parole inutilmente altisonanti alcune perle. La prima è una esplicita accusa di colpevolezza, che nel mondo alla rovescia diventa naturalmente un elogio sperticato alla spregiudicatezza imprenditoriale del padrone. Secondo Ferrara, infatti, Berlusconi con le sue televisioni si è preso “una fetta di torta che in teoria spetta ad altri”. L’ha scritto lui, sarà vero.

Seconda perla: l’unica possibilità di Berlusconi è “dimostrare che fa sul serio, che ha sempre fatto sul serio”. Che il padrone in effetti fin dalla sua discesa in campo facesse sul serio era chiaro: si faceva e tuttora si fa con il massimo impegno e dedizione gli affari suoi. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: Berlusconi non solo è ancora a piede libero, ma è ogni giorno che passa un po’ più ricco; il resto del Paese per contro è stato lasciato a se stesso nel bel mezzo di una crisi globale che per un miliardario che fa il Premier a tempo perso è poco più di una noiosa seccatura. Ma Ferrara ha altre idee. Ho già anticipato la conclusione a cui giunge lo stratega di fronte al problema di dimostrare che il caro Silvio ha fatto e fa sul serio: “bisogna cambiare”, anzi “deve dare il segno di un cambiamento rigoroso e profondo”. Non solo le affermazioni date per certe ma prive di argomentazioni caratterizzano i prostituti intellettuali, ma anche la sovrabbondanza di parole incensatorie prive di qualsivoglia contenuto che possono, combinandosi casualmente, dar luogo a paradossi esilaranti. Forse Ferrara non ha provato ad immaginare il suo padrone che con cipiglio dichiara: “Ho sempre fatto sul serio, e ora ve lo dimostrerò” e dopo una breve, drammatica pausa aggiunge: “Da oggi si cambia tutto, da oggi si fa davvero sul serio”. Altrimenti probabilmente avrebbe scritto qualcos’altro.

Ed ecco l’ultima chicca, evidenziata in caratteri rossi e maggiorati: “Noi siamo indispensabili all’Europa come e più di quanto l’Europa sia indispensabile a noi”. Probabilmente è vero. Ciò non deve stupire: Ferrara sa che, come una singola stupidaggine contenuta in un discorso altrimenti serio e rigoroso rischia di comprometterne completamente l’attendibilità, così una singola verità inserita al punto giusto può portare il lettore ingenuo a convincersi che tutto l’articolo, per il resto colmo di idiozie, sia in realtà valido e pertinente. E se quell’affermazione è vera, allora forse Ferrara ci fa balenare una speranza: che l’Europa trovi il modo –uno qualunque– di salvare noi dal nostro Governo per salvare se stessa.

Si volta ancora pagina, ed ecco che, all’insegna di un’autoironia che vorrebbe forse suscitare simpatia, ma suscita solo volgare raccapriccio, appare la rubrica “minzulpop”. L’asticella della dignità si abbassa sempre di più, e ora solo strisciando si riesce a passarci sotto. I vermi prima tentennano, poi indietreggiano e battono in ritirata, ma il soldato Minzolini, unico tra i vertebrati, esclama: “Presente!” e si getta nel fango.

Minzolini se la prende con alcuni “personaggi in cerca di autore” (che mai vorrà dire?) che approfittando della crisi (che in realtà non c’è: sono loro che tracciano un quadro funereo della situazione) vogliono comprare a poco prezzo il Paese. Il soldatino è evidentemente influenzato della deformazione mentale del padrone, il quale crede che ogni cosa possa essere comprata in moneta sonante, purché si abbiano abbastanza soldi. Che cosa si dovrebbe rispondere a Minzolini? Si dovrebbe rispondere che il suo assunto non è tollerabile da nessun cittadino onesto, che l’Italia non è in vendita, che gli italiani non vogliono e non possono essere comprati né a poco né a tanto prezzo. E che se nostro malgrado l’Italia vale poco, il merito è in gran parte del suo padrone e dei suoi scagnozzi, quindi anche suo. Nessuno però, temo, avrà il coraggio di dirglielo. Anche perché forse non è vero, forse in realtà agli italiani importa ben poco se il padrone cambia o rimane lo stesso.

Non è tutto qui, naturalmente. Minzolini è, se possibile, ancora più spudorato di Ferrara. Se sia il segno (auspicabile) di una totale mancanza di argomenti alternativi validi, o se sia invece la prova che questi servi si sentono talmente sicuri di sé da ritenere che si possa presentare apertamente alla gente il mondo alla rovescia senza che questi neppure se ne accorgano e protestino, non ci è dato saperlo. Sta di fatto che l’augusto soldatino si avventura in un parallelo tra due momenti della nostra Repubblica. Uno è quello odierno, l’altro è la fine della prima Repubblica segnata dallo scandalo di Tangentopoli, che ha portato all’ingresso in politica di Berlusconi. Il confronto è disarmante: così come Berlusconi ha comprato (e qui si può intendere il senso letterale del termine) a poco prezzo un Paese in svendita dopo il ciclone politico delle tangenti, così altri oggi vorrebbero fare lo stesso approfittando della crisi e della debolezza di un Governo che non è in grado di affrontarla: “Paradossalmente c’è una folla di emuli del Cavaliere che vogliono sostituirlo”. Che cosa ci sia di paradossale nel fatto che i personaggi in cerca di autore, emuli di un Cavaliere anch’esso evidentemente in cerca di autore, vogliano prendere il suo posto davvero non si riesce a capire.

Segue nutrito elenco di antagonisti del padrone variamente denigrati, tra cui spicca un Romano Prodi che aspirerebbe nientemeno che al Quirinale (non che gli interessi davvero, è chiaro, lo farebbe semplicemente per dispetto). Ma è solo arrivando alle ultime righe che si comprende il vero scopo del soldatino. Per far cadere Berlusconi non basta, a suo dire, neppure una congiura: “Spesso la storia non si ripete. Nel ’94 la gente ne aveva le tasche piene delle tangenti (le stesse di cui si parla per il Pd di Penati) che sono ben altra cosa rispetto ai presunti festini di Arcore”. Qui si raggiunge finalmente l’apice della disonestà, qui si cela un inganno che evidentemente ha la sua efficacia, visto che tanti, anche fra i detrattori di Berlusconi, ci cascano quotidianamente. Il messaggio è chiaro: le tangenti sono una cosa grave, andare a troie, soprattutto per un Premier paladino dei valori cattolici, è un peccato veniale. Anzi, per qualunque nonno col fard dovrebbe essere considerato piuttosto una debolezza, un piccolo vizio innocente.

Il punto è che non è quello il problema dell’Italia, non è per quello che stiamo affondando. Il problema è che un riccone pieno di guai giudiziari e finanziari ha comprato a poco prezzo un Paese per poter depenalizzare o prescrivere i suoi reati personali e poter favorire le sue aziende. Il vero problema dell’Italia ha un solo nome, ed è conflitto di interessi: gli interessi del Premier e di pochi suoi amici che confliggono contro gli interessi di tutto il resto del Paese. Ma visto che le escort, per professione, attirano l’attenzione, è nell’interesse di Berlusconi (e quindi di tutti i suoi servi) mettere il più possibile in evidenza quella piccola ciliegina, nella speranza che la gente non noti l’enorme torta che sta sotto e che intanto si stanno mangiando.

TERZA PARTE