Maschio e femmina li mutò

Che già nel tardo Precambriano si fosse sviluppata una forma di vita capace di dare luogo ad una civiltà evoluta e organizzata nessuno fino a poco tempo fa l’avrebbe minimamente sospettato, ma le centinaia di milioni di anni che sono trascorse dalla sua estinzione spiegano facilmente la quasi totale assenza di tracce del suo passaggio. Il vero colpo di fortuna è il recente ritrovamento di alcuni frammenti ben conservati di una sorta di stele, recante le evidenti tracce di una scrittura ideografica. La datazione del reperto, che precede di poco (in termini di ere geologiche) la cosiddetta “esplosione cambriana”, è la chiave che ha permesso di tradurre alcuni brevi passi dell’antichissimo testo, di cui riportiamo la versione ad oggi considerata più attendibile. A nessuno può sfuggire l’importanza di questo documento, che testimonia uno snodo cruciale nell’evoluzione della vita sulla terra.

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Plagio funebre

Dal punto di vista strettamente giuridico potrà forse non essere facile da dimostrare, ma personalmente sono convinto che si tratti di uno dei casi di plagio più clamorosi degli ultimi anni.

Il testo originale è la vivida descrizione dello yankee che Luigi Illica e Giuseppe Giacosa incastonarono nel libretto della Madama Butterfly:

Dovunque al mondo
lo Yankee vagabondo
si gode e traffica
sprezzando i rischi.

   Affonda l’ancora
   alla ventura,
   finché una raffica
   scompigli nave, ormeggi, alberatura.

La vita ei non appaga
se non fa suo tesor
i fiori d’ogni plaga,
d’ogni bella gli amor.

   Vinto si tuffa,
   la sorte racciuffa.
   Il suo talento
   fa in ogni dove.

Per chi non conoscesse la trama, quello che ho riportato è l’autoritratto di Franklin Benjamin Pinkerton, tenente della Marina degli Stati Uniti di stanza a Nagasaki, il quale “per gioco” sposa la quindicenne Cio-Cio-San, lasciandole credere che si tratti di vero amore. Dopo aver abbandonato la fanciulla, Pinkerton torna in patria dove si sposa “con vere nozze”, mentre Cio-Cio-San nella sua sconfinata fiducia e devozione continua ad attendere il suo ritorno. Non vi anticipo il resto della storia, ma basta sapere che il sottotitolo dell’opera è “Tragedia giapponese” per farsi un’idea abbastanza precisa di come va a finire.

Il corpo del reato, invece, è il testo di un’omelia pronunciata qualche giorno fa dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini.

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Vaccino? Non ci va

“Ciao. Ehi, ti vedo bene!”
“No, guarda, sono uno straccio.”
“Ma ti stai riprendendo, no? Dài, raccontami.”
“Che cosa vuoi che ti dica… è stata dura. Tutti quei giorni in ospedale. Ma non mi sono mai scoraggiato: sono sempre stato convinto che ce l’avrei fatta.”
“E com’era in ospedale? Erano organizzati bene?”
“Mah, sì, eravamo in tanti… cioè: tanti pazienti. Tantissimi. Ma il personale si dava un gran da fare. Purtroppo non tutti ne sono usciti come me.”
“E ti hanno detto qualcosa? Voglio dire…”
“Ah, sì. Nulla di particolare, mi hanno solo lasciato intendere che avrei fatto meglio a vaccinarmi. Io non ho risposto niente, non mi andava di essere sgarbato, e poi come ti ho detto hanno sempre lavorato bene. Be’, insomma, hanno fatto il loro dovere.”
“Hai detto che eravate in tanti? E riuscivano lo stesso a seguirvi tutti?”
“Era proprio il momento del picco. Avevano occupato quasi tutto l’ospedale, io ero in quello che normalmente è il reparto di medicina generale.”
“Càspita! E come hanno fatto a svuotare un reparto? Dove li hanno messi tutti gli altri pazienti?”
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La nuova nascita

L’autore di questa breve memoria, scritta inizialmente per essere diffusa solo nell’ambito di una ristretta cerchia di conoscenti, a seguito delle mie ripetute e insistenti richieste ne ha consentito la pubblicazione a condizione che non fosse possibile risalire alla sua identità o a quella degli altri protagonisti della narrazione. Per questo motivo sono stati soppressi o sostituiti tutti i nomi di luoghi o persone che ne avrebbero potuto permettere l’identificazione.


     Oggi sono in pochi a ricordare il nome di Saverio T., ma ci fu un tempo in cui quasi tutti nel nostro paese, che pure non è poi così piccolo, lo conoscevano bene. Ancora non molti anni fa il suo caso veniva citato da persone che non avevano mai incontrato Saverio di persona (negli ultimi tempi aveva adottato uno stile di vita piuttosto riservato e trascorreva spesso le sue giornate senza uscire di casa), ma che erano state molto colpite dai racconti che circolavano circa le ultime ore della sua vita terrena. Tali racconti si differenziavano tra di loro, è vero, per diversi dettagli: secondo alcuni ad esempio era stato proprio Saverio a far chiamare don Luigi B., all’epoca parroco nella nostra comunità; secondo altri invece l’iniziativa era stata di un suo conoscente, e Saverio si era inaspettatamente trovato il sacerdote al capezzale. Tutti concordavano tuttavia sul fatto centrale della vicenda: Saverio T., assiduo frequentatore in gioventù di ambienti anarchici, ateo dichiarato e soprattutto convinto anticlericale, sul letto di morte fece esplicita richiesta di ricevere i Sacramenti.
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Il Chiodo fisso

I lettori più attenti avranno notato che negli ultimi tempi l’onorevole Salvini — al quale, per la simpatia che mi ispira, auguro di pinzarsi il pisello nella patta dei pantaloni — è diventato un chiodo fisso di Bue punto zero. Effettivamente mi sto impegnando per abbattere, uno dopo l’altro, tutti i suoi principali cavalli di battaglia. Metaforicamente, s’intende, perché fra quadrupedi erbivori non può esserci che solidarietà ed empatia, a prescindere da chi portiamo in groppa.

Oggi è il turno del turpe e smaccato utilizzo del Crocifisso, baciato in mondovisione e variamente ostentato nelle più disparate occasioni.

Che ciò venga fatto per calcolo politico è evidente. Che la parte di elettorato cattolico o ateodevoto che vede di buon occhio questi atteggiamenti sia più nutrita della parte che lo trova disgustoso è probabile. Che questo atteggiamento sia coerente con i princìpi fondanti della Chiesa è assai discutibile. Vi sono anzi le prove che già nel diciannovesimo secolo la Chiesa cattolica era più avanti rispetto a certe idee reazionarie che vengono oggi propalate dal nostro soggetto.

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Se questo è un uomo

Se questo è un uomo

Le cose viste e sofferte mi bruciavano dentro, mi sentivo più vicino ai morti che ai vivi. Poi lo stesso mio scrivere diventò un’avventura diversa, non più l’itinerario doloroso di un convalescente, ma un costruire lucido: un’opera di chimico che pesa e divide, misura e giudica su prove certe, e s’industria di rispondere ai perché.

P. Levi

Matteo Salvini ha annunciato che si recherà all’Istituto Tecnico Industriale “Vittorio Emanuele III” di Palermo per l’apertura del prossimo anno scolastico, con il proposito di spiegare che è sbagliato accostare leggi razziali e difesa dei confini.
Mi permetto di suggerire al Dirigente Scolastico dell’Istituto, o al suo eventuale incaricato, la prolusione a questo elettrizzante evento.

Duemilacinquecento anni fa, anno più anno meno, Siddhartha Gautama detto il “Buddha” suggeriva ai suoi discepoli: “Riconosci te stesso in ogni essere”.
Cinque secoli più tardi, Yehoshua di Nazareth detto il “Cristo” affermava: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poco importa se i due personaggi a cui sono attribuite queste parole le abbiano davvero pronunciate. Sta di fatto che esse, accompagnate da molti altri insegnamenti correlati, sono state sospinte dal vento della storia rispettivamente verso oriente e verso occidente, fino ad abbracciare tutto il mondo, e oggi, stando alle statistiche, sono più di tre miliardi le persone che si riconoscono in almeno una delle due citazioni.

Non è certamente tra i nostri obiettivi fare proselitismo religioso, così come non ci interessa la propaganda politica. Qui siamo in una scuola, qui siamo interessati ad una cultura finalizzata allo sviluppo del senso critico, al ragionamento, all’analisi e alla comprensione del mondo che ci circonda. Ci sta a cuore, soprattutto, l’educazione civica delle giovani generazioni.
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La cattiva notizia

1 In principio era il denaro, e il denaro era presso il potere, e il potere era corruzione. 2 Venne Bettino a predicare il latrocinio della pecunia pubblica, e molti lo seguivano. Ma egli diceva loro: “Dopo di me viene uno che è più forte di me: io vi ho rubato gli spiccioli, ma lui vi lascerà in mutande”. 3 E venne anche Silvio per farsi battezzare, e quando uscì dall’acqua vide aprirsi i cieli e le reti Mediaset scendere su di lui. E si sentì una voce dal cielo: “I programmi riprenderanno dopo la pubblicità”.

4 Lo Spirito condusse allora Silvio su una nave da crociera e lì lo lasciò per quaranta giorni e quaranta notti, sottoposto ad ogni tentazione. 5 Quando vide che iniziava ad annoiarsi, il diavolo lo riportò in città, lo pose sulla guglia più alta del tempio e gli disse: “Guarda, tutto questo regno con tutta la sua ricchezza e la sua gloria può essere tuo”. E Silvio rispose: “Qua la mano, affare fatto”.
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Non c’è più religione

A causa della recente tornata elettorale e delle corpose problematiche ad essa correlate non abbiamo potuto sinora dedicare neanche una riga ad un altro evento di proporzioni epocali, che ha suscitato in alcuni casi sdegno e riprovazione: lo spapamento del Papa.

Avremmo voluto commentare la notizia con qualche osservazione sagace e arguta, ma dopo una breve riflessione abbiamo deciso di desistere, e di lasciare piuttosto la parola su un tema così complesso ad autori più eruditi ed esperti di noi. Rimandiamo quindi i nostri lettori ad un sito specializzato, dove tra le altre cose è pubblicato un testo, in forma di omelia, che affronta proprio l’argomento più scottante: quelle lacerazioni interne alla Chiesa che quasi certamente sono all’origine dell’abdicazione del Pontefice. Esse vengono ricondotte alla fondazione stessa della Chiesa e a poco a poco conducono, appoggiandosi saldamente sulla sola autorità delle pagine neotestamentarie, ad una originale e sorprendente interpretazione della figura del Vescovo di Roma e della sua funzione nella Chiesa universale. Avvertiamo i lettori che il testo è inevitabilmente un po’ specialistico, ma confidiamo che la perseveranza verrà premiata.

Il rapporto di Baltasar

[Ancora un po’ di svago e relax per i lettori di Bue punto zero, prima che si scateni l’inferno della campagna elettorale. Questa volta l’occasione è l’Epifania, qui proposta in una lettura un po’ più agghiacciante del solito]

   Mentre con l’umiltà e la reverenza che si addicono a questo luogo mi prostro al cospetto del trono regale, ardisco fregiarmi dell’incomparabile onore di comunicare a vostra Maestà che la missione da Voi magnanimamente affidatami è stata portata a termine con un completo successo. Nel Tempio già fervono i preparativi per la presentazione, a cui la vostra augusta presenza potrà conferire somma solennità.

   Devo aggiungere che nel portare a termine il nostro compito io e i miei compagni non abbiamo incontrato la minima difficoltà. Le mappe dei cartografi reali sono, come è noto a tutti, estremamente accurate, e i valichi che ci è stato necessario superare erano quasi completamente sgombri dalla neve. Il vento e la pioggia hanno preferito starci lontano, consapevoli dell’insuperabile gravità della missione.

   Nulla durante il nostro viaggio è accaduto che non fosse stato profetizzato dall’Oracolo. Giunti nelle aride terre d’occidente fummo subito accolti dal re di quella regione, despota vile e mendace. Egli sperava di sfruttare la nostra conoscenza per impadronirsi di ciò a cui noi pure bramavamo. Quello spregevole tiranno fingeva di non saper nulla, e desiderava che lo erudissimo su ogni cosa; noi accortamente gli rivelammo solo ciò che già sapeva, e lo congedammo con la promessa di ritornare presto da lui. Egli ci diede fiducia, e ci lasciò liberi di proseguire il cammino. La strada che rimaneva da percorrere era breve, e i nostri passi furono guidati dalla divina sapienza che splendeva in cielo. Quando la luce si fermò indicandoci con precisione la meta, ci affacciammo alla porta e ci ritrovammo al suo cospetto.
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Crocifisso d’ordinanza

Et postquam venerunt in locum, qui vocatur Calvariae, ibi crucifixerunt eum et latrones, unum a dextris et alterum a sinistris.

In Lombardia, regione notoriamente asservita a CL, i politici sono in media ancora più genuflessi del normale. Il Trota in persona, esimio rappresentante di tale devotissima classe dirigente, un anno fa ha depositato presso la commissione cultura del Consiglio Regionale una proposta di legge che prevede che in ogni ufficio della Regione sia presente un Crocifisso. Incidentalmente nel novembre del 2011 la legge è stata anche approvata ed entrerà in vigore sei mesi dopo, nell’aprile 2012. A decorrere da quel momento ogni inadempienza verrà sanzionata con un’ammenda fino a 1.200 euro.

Già prima che la proposta diventasse legge, tra i membri dell’Ufficio di Presidenza, assessori e consiglieri regionali più zelanti era scattata una competizione per conquistare uno dei due posti d’onore a fianco del Crocifisso, competizione che in questi giorni sta entrando nel vivo di una avvincente fase finale.

Per poter ammirare in anteprima i nuovi pregevoli addobbi che ritroveremo negli uffici regionali lombardi, Bue punto zero offre gratuitamente ai suoi lettori la possibilità di scaricare un modello (in formato PNG) dotato di due finestrelle trasparenti in cui inserire, utilizzando un software grafico adatto, le effigi di due malfattori lombardi a scelta nella grande moltitudine disponibile.

A titolo di esempio, potete contemplare la seguente composizione, che onora due cittadini e politici lombardi particolarmente illustri.

Crocifisso con ladroni

Clicca per scaricare il file modello-crocifisso-ladroni-regione-lombardia.png